Per Doro Tea. Logica- Liv.1

Maestra- Duselpizos

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    Pg: Duselpizos
    Legenda:
    narrato
    parlato
    pensato
    parlato Doro Tea


    Dopo aver terminato l'allenamento a quella testona e impertinente di Nhyle, mi diressi nella mia stanza e scrissi due righe. Quando ormai la clessidra segnava il momento del pranzo, mi alzai, distogliendomi da tutte le mie preoccupazioni e dai miei pensieri. Mi diressi al pranzo comune e dopo aver mangiato qualche piatto mediterraneo, con un contorno di ulive, assaporai il vino del cratere. Il vino era dolce ed era mischiato perfettamente con l'acqua, formando una bevanda saporita al gusto. Contattai Doro Tea e le dissi di farsi trovare al più presto nella palestra che le avevo mostrato il giorno prima.

    Non preparai armi,nè protezioni o cose del genere. Avevo intenzione di allenarla sulla logica e l'intuizione. Purtroppo mi sembrava troppo impulsiva e proprio per questo volevo appianare il suo difetto in qualche modo. Mi appoggiai ad una parete e chiusi gli occhi, per radunare le energie. In più con gli occhi chiusi riuscivo ad aumentare la concentrazione e già pensavo al futuro allenamento della mia allieva.

    Dopo poco aprii pigramente un occhio, per scrutare la clessidra della palestra. Era passato molto tempo e ancora non era arrivata. Iniziai a spazientirmi. Volevo iniziare al più presto e inoltre non volevo ritirarmi troppo tardi: avevo alcuni documenti da esaminare e studiare. In più volevo recarmi un po' sotto la volta dei valori, per studiare le incisioni più antiche e scritte da altri popoli. Ultimamente stavo sviluppando un vero interesse per la storia e notavo che spesso le credenze di altri popoli avevano concetti fondati su delle teorie interessanti.

    Buon allenamento^^
     
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  2. Franesca
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    Pg: Doro Tea
    legenda:
    narrato
    parlato
    pensato


    Il sole spuntò dalla finestra, irradiando in pieno il mio viso e svegliandomi. Forse non è stata una buona idea mettere il letto proprio sotto la finestrapensa sbadigliando. Poi osservai fuori dalla finestra la strada che mi aveva portato fino alla casa di Ermes. Quella vista mi diede forza. Era il mio primo giorno lì e mi aspettava il mio primo allenamento con Duselpizos.
    Aveva giurato che sarebbe stato duro. E io mi sarei impegnata.
    Gironzolai per tutta la mattina per la casa di Ermes, non sapevo che fare, fino all'ora di pranzo e andai dritta alla mensa. Avevo un ottimo orientamento e in poco avevo memorizzato tutte le vie della casa.
    Mangiai degli ottimi piatti mediterranei conditi con olive. Notai che Duselpizos beveva del vino con gusto. Dev'essere buono ma non fa per me il vino... Pensieri oziosi, interrotti da Duselpizos che mi disse che al più presto sarei dovuta andare in palestra.

    Non sapevo cosa voleva fare di preciso, quindi mi recai in camera mia per prendere la mia spada.
    La osservai bene, sotto la luce del sole. Era mia, solo mia. Non solo una spada, ma un portafortuna, un ricordo, la mia vita...
    Il fato mi aveva portato fin lì, assieme a lei, la mia spada, e sarei andata dritta per la mia strada sempre con lei al fianco. Mi resi conto che era passato parecchio tempo, stando lì a pensare.
    Duselpizos mi sgriderà e penserà che io sia una ritardataria. Già appena entrata nella casa mi ha detto che aspettava da molto e ora.... pensai mente correvo verso la palestra.
    Quando mi trovai davanti alle porte della palestra, entrai con passi lunghi ma lenti e ritrovai Duselpizos in palestra con una clessidra quasi vuota in mano.
    Trangugiai. Avevo capito che era severa e io ero arrivata quasi in ritardo, o almeno avevo fatto aspettare. Buon pomeriggio. riuscii solo a dire. Non so come ma Duselpizos era l'unica che riusciva a mettermi in riga e a intimorirmi un po'
     
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    Lentamente, la ghiaia si riversava nell'altro globo della clessidra. Mi ero ormai incantata a guardarla e non riuscivo più a distogliere gli occhi da quella immagine. Ma forse era meglio così: non potevo contare il tempo perduto dalla ragazza. Alla fine però, quando la ghiaia stava per finire, sentii passi frettolosi per il corridoio che conduceva in quel ginnasio. La mia mente si risvegliò da quella specie di torpore e mi accorsi che a pochi passi dai battenti, le falcate diventarono lente e silenziose. Sorrisi piano, possibile che pensasse veramente di fregarmi in quel modo? Infine si aprirono le porte ed entrò Doro Tea. Il suo fiatone tradiva la sua finta noncuranza. Potevo quasi percepire il suo timore nei miei confronti e il suo saluto arrivò tremante alle mie orecchie. La squadrai da capo a piede, poi misi la clessidra in una saccoccia, che portavo sempre in giro. Bene, sei arrivata alla fine. Non accennai più di tanto al ritardo, in quanto avevo deciso di procedere con lei in un modo diverso di quello di Nhyle. Ho deciso di istruirti diversamente della tua compagna. Mentre lei si esercita per ora su cose più fisiche e tecniche, tu allenerai, oggi, il tuo cervello. Alleneremo la logica! Scrutai attentamente la sua espressione. Come immaginavo non era proprio alle stelle ma si sarebbe presto abituatua che le mie parole istituivano la legge!

    Ora ti condurrò in una stanza, un po'... Distolsi lo sguardo dai suoi occhi, per scegliere un termine adatto per poi pronunciare con un po' di flemma Strana. Le feci un gesto con il dito e mi seguii, senza fiatare. Presi la strada per lo sgabuzzino per le armi, poi presi un accesso segreto, che attraversava una zona buia, in cui uno strano effetto ottico sembrava ci fosse un muro. Soltanto quando lo attraversavi ti rendevi conto che era una stupia illusione. Scesi una corta scala e si aprii una sala, illuminata da mille fiaccole, come se fosse giorno. Davanti a noi c'era una porta, chiusa. Sopra di questa c'era scritto:

    "Astuti come Odisseo, scaltri come Ermes"

    Mi voltai verso la ragazza e dissi Io non ho proprio niente da dirti se non che quella porta è chiusa. Non chiedermi niente, agisci e prova ad aprirla. Mi ritirai in un ala buia e stetti a guardare. Al centro della sala c'era uno strano ferro incadenscente, grazie ad un fuoco alla sua base. Su un tavolino vicino c'erano pezzi di ferro di ogni tipo. Era tutta una questione di abilità artigianale. Più che altro doveva scoprire come scegliere la serratura giusta. Prima che la ragazza potesse compiere un altro passo le urlai Ah dimenticavo! Ogni volta che sbagli si attiverà una trappola!
     
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  4. Franesca
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    Bene, sei arrivata alla fine. poche parole, come sempre dette in modo autoritario, però quella volta non volevano incutere terrore o erigere una barriera fra lei e il resto della gente.
    Ho deciso di istruirti diversamente della tua compagna. Mentre lei si esercita per ora su cose più fisiche e tecniche, tu allenerai, oggi, il tuo cervello. Alleneremo la logica! detto ciò mi squadrò.
    Ora comprendevo la sua "cordialità", mi aveva messo in asso, aveva capito il mio punto debole.
    Aveva capito che ero impulsiva e che pensare mi faceva innervosire, soprattutto in situazioni stressanti.
    Non sarebbe stato facile con lei e lei non avrebbe mai permesso di allenarmi in modo facile. bene, così stimolerò la mia forza. ce la metterò tutta

    Ora ti condurrò in una stanza, un po'... Strana.
    nulla di buono pensò macchinalmente la mia testa.
    Detto questo partì verso lo sgabuzzino delle armi e io la seguii. Ma sta per schiantarsi contro un muro! pensai precipitosamente ma poi.... la sua ombra...
    un passaggio segreto, ma certo!
    Lo avevo capito grazie all'ombra. Un illusione ottica faceva pensare che ci fosse un muro, grazie alle pietre disposte esattamente come la stanza precedente, ma l'ombra svelava il trucco, spingendosi oltre "il muro".
    Visto ciò seguii Duselpizos tranquilla.
    Giungemmo in una sala piena di fiaccole, che la illuminavano a giorno. Davanti a noi c'era un portone chiuso e sopra a esso c'era la seguente incisione: Astuti come Odisseo, scaltri come Ermes. Duselpizos si rivolse a me:Io non ho proprio niente da dirti se non che quella porta è chiusa. Non chiedermi niente, agisci e prova ad aprirla detto ciò si ritirò in un'ala buia della stanza e rimase lì. Mi guardai attorno. Sicuramente non si aspettava che buttassi giù a calci la porta, quindi dovevo trovare uno stratagemma. Il mio sguardo incontrò un tavolo pieno di pezzi di ferro, di qualsiasi dimensione. Dovrò scassinare la serratura
    Ah dimenticavo! Ogni volta che sbagli si attiverà una trappola! il mio cuore si fermò un attimo. Aveva colto in pieno: sotto stress non riuscivo proprio a ragionare. Mi morsi il labbro. E se il mio ragionamento fosse errato?
    Sospirai e mi avvicinai alla porta. Mi chinai all'altezza della serratura e ci guardai dentro. Era pieno di ingranaggi e di cilindri.
    Osservai attentamente. Era una serratura fatta bene, difficile da scassinare.
    Mi serve qualcosa di lungo e sottile da infilare fra gli ingranaggi. Mi alzai e andai verso il tavolo.
    Osservai i pezzi di ferro e poi notai il ferro incandescente. E se avessi sbagliato i calcoli? Se dovevo usare quello?
    Trangugiai, anche se non avevo più saliva in bocca. Avevo completamente la gola secca.
    Afferrai un pezzo di ferro oblungo, corsi verso la serratura, mi inginocchiai davanti a essa e ci infilai dentro il pezzo di ferro.
    Poggia l'orecchio al legno della porta ascoltando ciò che accadeva all'interno della serratura, sperando in un sonoro tlak
     
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    Mi appostai nell'angolo della sala e guardai divertita cosa avrebbe inventato la mia allieva per superare quella prova. Potevo notare tutta l'angoscia della mia allieva e sperai soltanto che riuscisse a superare le sue stesse paure. Si avvicinò fin da subito alla porta e guardò la serratura. Per un po' rimase lì ad osservarla poi si alzò e andò alla ricerca di qualcosa. Seguii tutti i suoi movimenti senza battere ciglio. Quell'allenamento richiedeva il mio più assoluto silenzio. Molti maestri aiutavano i loro allievi in quella prova ma non ero d'accordo su questo pensiero: se fosse capitato loro di cavarsela da soli non sarebbero mai riusciti a fare la cosa giusta così preferivo lasciarli liberi di provare. Osservò i pezzi sul tavolo e ne prese uno a caso e lo andò a provare. Restai in allerta, qualcosa stava succedendo. Dalla porta si sentì un "tlak" ma era cupo e profondo, infine si sentì il suono di una molla. Una freccia partì dal nulla e colpì la gamba destra della ragazza. Fortunatamente la colpì solo di striscio, senza provocarli una ferita molto grave. Scossi la testa e dissi Quello è ferro non lavorato, non credere che la soluzione cada dal cielo! Per la miseria! Riprova. Ogni volta che sbagli la trappola diventerà sempre più letale. Quello era solo un avvertimento. Buona fortuna. Mi ritirai di nuovo nella parte buia della stanza e aspettai la reazione della ragazza mentre il sangue scorreva dalla ferita e la freccia assassina si era conficcata nella porta.
     
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  6. Franesca
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    Con l'orecchio accostato alla porta sentii un Tlack. Allora mentalmente esultai Evviva, l'ho aperta!. Sorrisi. Poggiai la mano sul legno della porta, per aprirla, ma udii un altro leggero rumore. Una molla?
    Prima che potessi fare qualcosa un sibilo partì verso di me, ferendomi leggermente il polpaccio, per poi finire la sua contro la porta.
    La freccia era stata così veloce che non l'avevo vista. Era passata rassettando la mia gamba e poi si era conficcata nella porta.
    La prima trappola era scattata, avevo fallito.
    Ero già agitata, non solo per le trappole che potevano scattare a ogni errore, ma proprio perché mi sottovalutavo quanto mi credevo brava con la spada. Mi sentivo stupida. E Dulsepizos me lo faceva pesare. Lei, mia Maestra, molto più giovane di me, eppure più saggia, esperta e per nulla infantile o impulsiva come me. Lei era già donna, mentre io mi atteggiavo ad adolescente. MI credevo stupida e continuavo a ripetermelo. Non mi bruciava la ferita solo perché mi bruciava di più l'orgoglio.
    Quello è ferro non lavorato, non credere che la soluzione cada dal cielo! Per la miseria! Riprova. Ogni volta che sbagli la trappola diventerà sempre più letale. Quello era solo un avvertimento. Buona fortuna.
    Con stizza mi diedi un pugno sulla gamba. Poi mi ripresi e puntai il mio sguardo sul ferro incandescente. Il fuoco parve bruciarmi gli occhi, pian piano farmi sciogliere e inghiottirmi, come se fosse un'anima viva che voleva la mia carne. Un'anima maligna che si stava prendendo gioco di me, che avrebbe fatto scattare tutte le trappole, per uccidermi, poi sarebbe uscita da quel fuoco e mi avrebbe tramutato in fiamma per il prossimo malcapitato.
    Scossi la testa. L'orgoglio e la paura insieme fanno brutte cose.
    Mi massaggiai le tempie. Questo segno mi aiutava sempre a pensare. Finalmente tornai lucida e mi avvicinai un'altra volta alla serratura.
    Questa volta avevo capito. Dovevo fare la chiave. Per farlo dovevo scegliere il pezzo di ferro giusto, ma prima guardare la forma della serratura e la posizione degli ingranaggi.
    La serratura era a forma di semicerchio con una parte oblunga sotto. Una normale serratura.
    Mi alzai e mi avvicinai ai pezzi di ferro. Ne scelsi uno lungo e cilindrico. Dovevo intagliarlo per creare la parte oblunga e farlo diventare delle stesse dimensioni della serratura.

    Mentre lavoravo il pezzo di ferro, davo sempre grandi occhiate angosciate alla porta. Guardavo attentamente le dimensioni e la forma, poi ricominciavo a lavorare il pezzo.
    Lo posai che era mezzo finito, mancava solo una cosa.
    Mi riavvicinai alla serratura, ritrovando cose note, ormai impresse nella memoria, però questa volta cercai altro. Lo spessore.
    Dopo aver capito quanto era lunga la serratura, mi riavvicinai al mio lavoro e ricominciai a lavorare con più lena.
    Volevo finirlo in fretta.

    Finito di forgiare la chiave, l'alzai in alto e la osservai. Sì, può andare bene. Mi voltai e a grandi falcate ritornai alla porta. Infilai dentro la chiave, speranfo che entrasse e che potesse girare e aprire quella porta, che tanto mi faceva penare.
     
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    Nell'ombra scossi lentamente la testa. Quella ragazza non aveva pensato sul serio che bastava scalfire un po' il metallo per creare una chiave? Non fiatai quando la mia allieva si avvicinò alla porta e infilò il metallo nella serratura. Questa volta si sentì uno schiocco quasi cristallino e infine scattò la trappola. La donna tirò la porta, senza riuscirci allora capì che era tutta una nuova trappola. Perciò si guardò intorno, sicura di vedere una nuova freccia e schivarla in qualche modo. La sua idea poteva essere anche giusta ma non aveva pensato a nuovi tipi di trappola. Dalle sue spalle spuntarono delle lame di spada e le ferirono con più graffi la spalla. Il sangue bagnò il pavimento ma non era una ferita grave, anche se doveva dare sicuramente fastidio. Aprii lentamente un occhio e con voce provocatoria e quasi da tonta dissi Uhm... penso proprio che hai sbagliato risposta! Ritenta, sarai più fortunato. Non badai neanche alla possibile reazione della ragazza e aggiunsi più seria Il metallo non è facile da limare, piuttosto hai tutti i materiali per lavorarlo. Fallo. Infine tacqui e lasciai agire la ragazza.
     
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  8. Franesca
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    Infilai la chiave nella toppa e girai. Udii uno schiocco, questo non è sicuramente il rumore di una porta che si apre, allora rimasi all'erta, guardandomi un po' attorno. Avessi pensato che quel luogo possedeva diverse trappole... forse...
    Due spade apparvero dal nulla, cogliendomi di sorpresa, colpendo le mie spalle, andando affondo nella carne e forse anche nelle ossa... Di colpo, come erano apparse ferendomi, con uno strattone si liberarono dalla mia carne e sparirono.
    Percepii il dolore solo quando le lame uscirono dalla pelle con quello strattone. Era un dolore sordo, mentre la carne gridava e il sangue colava via. Mi piegai leggermente in avanti, con le spalle ingobbite dal dolore. Sentii il sangue che mi macchiava i vestiti, ma non m'importava, c'era il dolore che mi dilaniava. Con un enorme sforzo cercai nella mia mente un brandello di lucidità, cercando di annullare il dolore, per non pensarci, e pensare a lavorare il ferro per aprire quella dannata porta.
    Non lo trovai, le ferite bruciavano troppo, la mia mente riusciva a focalizzarsi solo su quello.
    Mi giunsero flebili e contorte le parole di Duselpizos:penso proprio che hai sbagliato risposta! Ritenta, sarai più fortunato, sicuramente la mia maestra aveva un tono provocatorio, ma le mie ferite urlavano più forte, mescolando i toni, rendendoli ovattati e bassi. Però la frase la udii chiaramente, anche troppo, e mi corrose l'animo. Orgoglio, maledetto orgoglio, se io mi fossi trovata in quella situazione da sola forse avrei trovato un po' di lucidità, ma il mio orgoglio era peggio delle ferite. Il metallo non è facile da limare, piuttosto hai tutti i materiali per lavorarlo. Fallo.
    Guardai la "chiave" nella toppa. Era uno sgorbio deforme. Strinsi i denti, trattenendo un gesto brusco di stizza.
    Presi il pezzo di ferro strappandolo dalla toppa e lo buttai a terra. Quella ragazza... sta dimostrando che nonostante l'età io sono una bambina!, più che altro, mi bruciava che nonostante io avessi 20 anni e lei 17, lei era molto più saggia di me. Io agivo d'impulso e mi credevo ignorante e scema, pensavo che fossi buona solo a combattere e a combinare casini. Forse mi sottovalutavo o forse era la pura verità. Ma in quel momento mi sentivo un'anullità, misera e scema.
    Tenendomi le spalle mi avvicinai nuovamente alla fornace. Mi guardai attorno, cercando gli strumenti giusti da lavoro.
    C'era un'incudine e un martello. ovvio che dovrò usare quelli, presi un pezzo di ferro e con delle pinze lo misi nella fornace. Dopo un po' lo ritirai fuori e iniziai a lavorarlo sull'incudine.
    Non so per quanto tempo battei il martello sul ferro, per riuscire a formare almeno una chiave sbozzata.
    Mi detersi il sudore sulla fronte con il dorso della mano. Il caldo della fornace e il lavoro mi avevano fatto faticare molto, senza parlare delle ferite sulle spalle. Riuscivo ad alzare a malapena il martello, però mettendoci tanta pazienza, ostinazione e volontà. Presi una lima e con foga iniziai a limare i contorni della chiave per darle la forma e rendere i contorni lisci.
    Finito tutto, presi la chiave con una pinza e la misi nel ghiaccio per farla raffreddare.
    La recuperai e la osservai un po'. Sicuramente io non ero un fabbro, quindi non potevo lavorare perfettamente del ferro, ma questa volta la chiave aveva la forma da chiave.
    Mi voltai verso la porta. Estraniai tutto dalla mente. C'eravamo solo la porta, io e lo sguardo della maestra, indagatorio, ma non mi preoccupai di molto. Per un momento non mi concentrai più sul dolore. A grandi falcate raggiunsi la porta, infilai la chiave nella toppa, la girai e per evitare altre trappole, senza prima controllare che la porta fosse aperta, arretrai velocemente di qualche braccio.
     
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    La ragazza sembrava stare molto male, si doveva essere molto indebolita dopo quel colpo. Forse adesso odiava me e quelle trappole. Scrollai le spalle, dopotutto il mio compito non era quello di farmi piacere , io dovevo insegnarle a sopravvivere. Nient'altro. Inoltre quella trappola non era che la seconda, marchingegni ancora più letali l'attendevano: c' erano persino lame avvelenate e serpenti. Storsi la bocca, odiavo quest' ultimi. Non mi facevano schifo però erano fastidioso e letali. Poi restava il fatto che se attivava quell' astuzia toccava a me sbarazzarsene. Dopotutto non potevo rischiare molto con lei. Con soddisfazione la osservai lavorare il metallo. Nascosi a malapena un piccolo sorrisino di soddisfazione, possibile che avesse capito solo ora? La vidi avvicinarsi alla porta e sperimentare la nuova chiave, infine si allontanó dalla porta e attese il risultato. La porta dopo qualche attimo si aprì cigolando. La ragazza era troppo emozionata per muovere passo allora mi misi accanto a lei e le feci entrare nella nuova stanza. Qui non esisteva nessuna porta e nella stanza immensa si stagliavano altari e su ognuno di essi, in disparte l'uno dall'altro, c'erano le statue delle divinità maggiori, che facevano parte del Pantheon, ma erano anche inclusi Ade e la sua consorte, la dea infernale Persefone. La porta si richiuse alle nostre spalle. Mi voltai verso l'allieva e dissi Bene, sei riuscita a passare al livello successivo. Complimenti! Ora ascoltami attentamente. Questo é il santuario . Situato in un posto molto segreto. Puoi venirti quando vuoi per pregare. Ora é vuoto solo perché si doveva svolgere il tuo allenamento. Qui ci sono solo le divinità principali, ma ti dico che qui esiste un passaggio segreto, in cui si trovano le altre divinità. É tuo compito trovarla. Posso solo dirti che c é qualcosa in comune con la frase che era scritta prima sulla porta. Che la Dea Bendata ti assista! Detto questo mi allontanai, mi rintanai in un angolo e iniziai ad evocare Artemide.
     
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  10. Franesca
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    Finalmente la porta si aprì. Sorrisi. Però ci avevo messo un po' troppo... Ma ce l'avevo fatta.
    Io e la maestra Duselpizos entrammo nella sala che mi aspettava dopo.
    Era una sala immensa piena di altari con sopra le statue degli dei dell'Olimpo. Rimasi a bocca aperta.
    Bene, sei riuscita a passare al livello successivo. Complimenti! Ora ascoltami attentamente. Questo é il santuario. Situato in un posto molto segreto. Puoi venirti quando vuoi per pregare. Ero stupita che ero a conoscenza di un posto segreto e in cui potevo andarci! Ora é vuoto solo perché si doveva svolgere il tuo allenamento. Qui ci sono solo le divinità principali, ma ti dico che qui esiste un passaggio segreto, in cui si trovano le altre divinità. É tuo compito trovarla. Posso solo dirti che c'é qualcosa in comune con la frase che era scritta prima sulla porta. Che la Dea Bendata ti assista!, quando finì di parlare si allontanò da me. Rimasi sola al centro della sala con un enigma in mano.
    Ripetei a mente la frase che c'era sulla porta che avevo dovuto aprire: Astuti come Odisseo, scaltri come Ermes.
    Allora... Odisseo ed Ermes hanno un po' di cose in comune... ad esempio Ermes è il dio dei viaggiatori e Odisseo ha viaggiato per anni, poi Ermes era dalla sua parte... Odisseo è riuscito a entrare nel mondo dei morti ed Ermes ci può andare per portare messaggi ad Ade, essendo anche un messaggero... Ermes aveva dato a Odisseo l'antidoto da dare ai suoi compagni dopo che erano stati mutati in porci da Circe!, senza volerlo pensai tutto ma ad alta voce! Ero troppo concentrata per accorgermene.
    Astuti come Odisseo, scaltri come Ermes... Odisseo era stato astuto ed Ermes scaltro a donargli quelle erbe... quindi per trovare le statue degli dei minori centrerà quest'episodio..., mi avvicinai alla statua di Ermes. Gli dei minori sono figli degli dei maggiori...., mi inchinai sotto la statua e osservai l'altare. Era candido e ai lati si arrampicavano su i due serpenti di Ermes, assieme a una pianta rampicante... Se centra con quella frase allora..., iniziai a tirare, a spingere, a bussare, a girare le foglie scolpite nel marmo bianco, ascoltando ogni singolo rumore. Temevo ancora le trappole e nel contempo attendevo che qualcosa si aprisse.
     
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    La ragazza rimase ferma al centro della sala per un po', probabilmente abbagliata dallo splendore delle sculture divine, o ancora perplessa sull'enigma che le avevo posto. Per il momento era tutta intenta a ragionare quindi potevo tranquillamente origliare stando inginocchiata presso l'altare di Artemide. Riuscivo a fare più cose contemporaneamente perciò mi misi a pregare, invocando il suo aiuto. Rimasi così per un po' di tempo e avevo proprio finito di rivolgermi alla dea cacciatrice, quando improvvisamente Doro Tea si mise a parlare ad alta voce. Alzai un po' lo sguardo ma non osai voltarmi, ero abbastanza allenata da capire, grazie all'udito, i suoi movimenti anche da quella posizione. La donna fece un ragionamento abbastanza esatto e trattenni un sorrisino di gioia. Ero contenta che la mia allieva iniziasse a ragionare, stava facendo dei bei passi avanti. Mi meravigliò il suo tono di voce: era trasognante e lontano. Possibile che fosse caduta in un tale stato di concentrazione da perdere coscienza e parlare senza rendersene conto? Doveva essere proprio la prima volta che usava quel cervellino per finire così! Ora però ero proprio curiosa di sapere dopo tutto quel ragionamento che cosa avrebbe combinato. Infine si mosse, i passi echeggiavano sul duro pavimento di marmo. Non era difficile immaginare dove si sarebbe diretta. I suoi movimenti provenivano dalla parte opposta della stanza, ovvero verso l'altare e la statua di Ermes. Mi voltai lentamente, senza farmi sentire e guardai attentamente cosa avrebbe fatto. La ragazza inizialmente si inginocchiò e esaminò le spettacolari rifiniture dell'altare. Infine iniziò a scuotere, rovesciare, girare e altre cose simili. Scossi la testa, rassegnata. Perchè doveva essere così sacrilega? Così sarebbe andata verso la furia del dio! Mi voltai e ripresi a pregare la Cacciatrice Urlante. Infine uno schiocco secco e scattò una nuova trappola. Dal soffitto partì una secchiata d'acqua accompagnata da un rombo che poteva sembrare un tuono. Certamente non era una delle tecniche più pericolose ma comunque erano molto efficaci. Avrebbe fatto bene a sbrigarsi, altrimenti si sarebbe beccata anche un bel raffreddore.
     
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  12. Franesca
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    Udii uno schiocco secco, un rumore sordo provenire dall'alto. Per istinto di sopravvivenza e perché non volevo più essere ferita da nessuna parte, mi scostai in tempo dalla trappola. Per mia fortuna, e anche con un po' di sconcerto, dal soffitto piovve un secchio d'acqua. Lo osservai cadere e rovesciare tutto il liquido, che cadde a terra scrosciando come una cascata. Lo scoscio dell'acqua fu seguito dal tonfo del secchio, che rimbalzò sul pavimento e rotolò via. Era una piccola trappola, lì rischiavo solo il raffreddore e il che mi fece pensare che ero vicina all'obbiettivo. Pensai a ciò che avevo sbagliato e capii. Sacrilegio, pensai solo. In effetti ero stata piuttosto goffa e brusca nei miei movimenti, mentre cercavo di aprire un qualche passaggio.
    Mi riavvicinai all'altare di Ermes, con una preghiera di scuse sulle labbra, e con una discrezione tale che i miei passi erano quasi impercettibili. Lentamente mi inginocchiai di nuovo davanti all'altare e con cautela riavvicinai le dita al marmo bianco. I polpastrelli si posarono leggermente sul freddo della pietra e cercando uno sportello segreto o qualcos'altro che avrebbe aperto il passaggio, li passai in ogni millimetro dell'altare. Lo tastai da ogni lato, in ogni angolo, in ogni interstizio. Di tanto in tanto poggiavo l'orecchio sul marmo e bussavo leggermente su esso, cercando di cogliere un rumore diverso, un rumore che mi dicesse che in quel punto l'altare era vuoto. Bussai anche sulle piastrelle che attorniavano l'altare, grattai le fessure fra pietra e pietra con le unghie. Dopo aver scrutato tutto l'altare e i suoi dintorni, spostai la mia ricerca verso l'alto. Tastai la cima dell'altare e con mani leggere e discrete, accarezzai la statua di Ermes. Sapevo che la risposta era lì, vicina. Non dovevo solo essere sacrilega.
     
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    La ragazza riuscì ad evitare la trappola per un pelo. Rimase per qualche secondo ferma, al suo posto. Probabilmente pensava a ciò che aveva sbagliato. Quel secchio d'acqua era più un avvertimento che qualcos'altro. Se avesse sbagliato una seconda volta non sarebbe andata così bene come la prima. Doveva stare attenta. Non bisognava mai far irritare gli dei e il peccato di hybris è abbastanza grave da essere punito con la morte. Annuii gravemente. Probabilmente se avesse fatto uno sbaglio del genere al vero dio avrebbe passato grossi guai. Grossissimi. Non si rendeva neanche conto di quello che aveva fatto ma adesso non aveva importanza: stavamo facendo un allenamento sulla logica non di teologia. Al momento opportuno glielo avrei detto... sempre che non lo avesse capito da sola, intendiamoci. La ragazza iniziò tutto da capo ma con tatto, nel senso che dopo aver fatto una preghiera si mise ad esaminare l'altare. Andavamo già meglio di prima ma non era ancora abbastanza. Ci voleva un qualcosa, un qualcosa a cui non aveva pensato. Continuò così ancora per molto tempo: non era troppo goffa da attivare una trappola ma la sua soluzione non era così esatta da aprire il varco. Probabilmente se ne sarebbe accorta da sola che i suoi movimenti per il momento erano infruttuosi. Perciò non prestai più caso a quello che dicesse o facesse, mi concentrai unicamente sulla preghiera che stavo compiendo. Stare in buona sintonia con gli dei non era una cosa che andava sottovalutata: potevano salvarti, o almeno non permettevano che i loro protetti perissero prima della decisione della Moira, mi stavo divagando. Avrei dovuto impartirgli al più presto una lezione di teologia, può tornare sempre utile in qualsiasi momento.
     
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  14. Franesca
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    Non accadde nulla. Eppure avevo toccato ogni angolo dell'altare, ogni sua faccia, ogni lembo di pietra della statua, addirittura le piastrelle che c'erano attorno all'altare.
    Ero disperata, genuflessa difronte all'altare, il capo chino che ciondolava inerte e gli occhi persi nel vuoto. Cosa dovevo fare?
    Eppure più ci pensavo più trovavo giusto quel ragionamento. Evidentemente centrava con Ermes ma non era lì l'entrata.
    Con disperazione alzai la testa, pronta a umiliarmi chiedendo un aiuto e cercai con lo sguardo la Maestra Duselpizos. La trovai inginocchiata davanti all'altare di Artemide, che pregava la dea. Non sta badando a me..., pensai con amarezza. Quello fu un colpo di grazia, che mi accese l'orgoglio e mi tolse la voglia di chiedere una mano. Se non si interessava a me forse era perché ero uno spettacolo pietoso... Mi alzai in piedi con i pugni chiusi allo spasimo.
    Fu in quel momento che vidi e capii. O almeno, mi venne un idea.
    Osservai l'ombra dell'altare proiettata sulla parete dietro a esso. Mi avvicinai alla parete e ricominciai a tastare.
    Avevo i polpastrelli stanchi, ma continuai. Iniziai dal battiscopa e poi risalii lungo la parete. Duselpizos aveva parlato di un passaggio, di un'altra stanza... Forse era lì dietro.
    Ce l'avrei fatta.
     
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    Mi voltai lentamente e silenziosamente, giusto per capire meglio cosa stesse facendo. Si era fermata, sembrava stanca, abbattuta e demoralizzata. La guardai a lungo. Non potevo fare niente per lei, era un allenamento e doveva superarlo come più lo riteneva opportuno. Ritornai con lo sguardo sull'altare della Dea Artemide e ripresi a dire qualche parola, pregandola. La ragazza iniziò a muoversi in modo irregolare: doveva aver cambiato attività dato che sentivo movimenti diversi, quasi bruschi. Non accadde nulla in particolare. Neanche le trappole si attivavano: il suo ragionamento non era dopotutto tanto sbagliato perciò, essendo attrezzi meccanici, non si attivavano. Io d'altronde non facevo niente in particolare, la osservavo senza farmi vedere. Non desideravo metterla a disagio tenendo il mio sguardo imperioso fisso su di lei. Avrei voluto aiutarla, trarla fuori da quella situazione ma non potevo. Prima di tutto avevo una certa serietà professionale da difendere, secondo aiutarla sarebbe stata una debolezza che si sarebbe citata per tutta la Casa e una punizione per Doro Tea, visto che doveva migliorare e così le stroncavo l'allenamento a metà percorso. Perciò feci uno sforzo su me stessa per rimanere chinata. Intanto la donna si era alzata e si era postata in una diversa area della stanza. Mi girai, nessun pericolo in vista, potevo osservarla senza disturbarla. Si era spostata dietro l'Altare e adesso tastava la parete, con attenzione anche se dalle sue spalle curve potevo notare stanchezza, forse abbattimento. Dovevo persino incoraggiarla in qualche modo: non poteva arrendersi in quella maniera! Glielo vietavo. La lasciai un po' fare, sapendo perfettamente che quella non era la risposta esatta anche se non era totalmente sbagliata. Si era avvicinata! Doveva concentrarsi un po' di più, doveva crederci! Ce l'avrebbe sicuramente fatta così. Infine esclamai Forza Doro Tea! Puoi farcela! Sei vicinissima alla méta, non scoraggiarti per nessun motivo! Riuscii ad osservarle il volto, che proprio in quel momento si era voltato nella mia direzione, sentendo il mio richiamo. Era ferita, demotivata e aveva poca speranza. Infine dissi nuovamente Puoi farcela! Poi mi voltai nuovamente verso l'Altare della Dea Cacciatrice e mi resi indifferente a quello che faceva, anche se provavo una curiosità ardente.
     
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17 replies since 31/3/2013, 21:24   219 views
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